I comandamenti della libertà di Valentina Conti

palloncino

Si infilò il vestitino di mille colori, comprato alla bancarella del suo amico indiano; si fasciò le cosce dentro i collant per proteggersi dal fresco dell’autunno e indossò una giacca di cotone morbida. Prese la solita tracolla di finta pelle ormai usurata dagli anni. Aprì la porta e non fece in tempo a metter piede fuori che tornò indietro di corsa:
«Cos’hai dimenticato?» -le chiese Flavia.
«Gli orecchini.» -le urlò dalla sua camera.
«Ma sei bella comunque, Sara! e siamo in ritardo.»
Scelse quelli che le aveva regalato Flavia, erano di lana cotta e si abbinavano allo stile del suo abito. Del resto, la sua migliore amica la conosceva meglio di chiunque altro: conosceva i suoi gusti musicali, i libri in cui amava perdersi e ciò che adorava indossare. Alcune cose le conoscevano tutti però, quelle caratteristiche che la rendevano eccezionale ed inconfondibile: la sua passione per la politica e per la scrittura, le battaglie in difesa di qualunque disgraziato del mondo, la sua abitudine di accogliere gli ospiti con tè e tisane di ogni tipo e, soprattutto, la sua risata gioiosa che scaldava i cuori.
Raggiunsero gli altri alla manifestazione. Non riusciva a tirarsi indietro quando si trovava di fronte una causa importante, sentiva di dover fare la sua parte e non si risparmiava, mai.
I suoi amici sapevano che, se fossero caduti, l’avrebbero trovata accanto a loro con la mano tesa e il sorriso accogliente di chi non ha paura di combattere per gli altri.
«Ehi Sara! Dov’è Fabri?» -le chiesero i ragazzi appena la videro arrivare.
«Ci raggiungerà più tardi, ha un esame domani e deve ancora finire un libro.»
«Il solito scemo che si riduce all’ultimo momento!» -risero tutti.
Di ritorno dalla manifestazione, si diressero tutti a casa di Clara. Era una catapecchia abitata da tre studentesse universitarie e frequentata da pressoché tutte le tipologie di studenti ventenni: gli spiriti multiculturali, i musicisti, gli artisti, i poeti, i calcolatori, i perditempo e i festaioli. Tutti diversi ma accomunati dalla stessa curiosità di conoscere e di confrontarsi per arricchirsi l’anima. Sara era la più grande del gruppo, prossima alla laurea e saggia come solo una persona intelligente e carismatica può essere. Era in grado di regalare lezioni di vita persino durante una breve chiacchierata sul divano con una birra fredda durante una festa. E la sua gioia di vivere era travolgente come una giornata di primavera improvvisa.
«Prepari uno dei tuoi piatti di pasta?!» -le chiese Clara.
«Sì, dai!» -risposero quasi in coro gli altri.
«Siete sempre i soliti!» -disse fingendosi scocciata e scoppiarono tutti in una fragorosa risata.
«Posso darti una mano?» -le chiese Vincenzo, il nuovo arrivato nel gruppo.
«Certo! Non ti dispiace tagliare la cipolla, vero?!» -gli chiese.
Con quegli occhioni neri e luccicanti di allegria nessuno riusciva a negarle qualcosa:
«Sono a tua disposizione, chef!» -accettò lui.
Si respirava aria di spensieratezza nonostante fossero appena rientrati da un evento toccante, perché si sentivano fortunati ad avere vent’anni, delle vite piene e la libertà in tasca. E provavano gioia nel dare una mano al resto del mondo.
I ragazzi iniziarono a stappare qualche birra scadente presa al discount e Sara, intenta a chiacchierare e scherzare con Vincenzo, non sentì suonare il campanello. Era indaffarata con gli ingredienti trovati nel frigo di Clara, era la migliore ad improvvisare spaghettate gustose seppur con pochi ingredienti. Ad un certo punto, percepì un’occhiata arrivarle addosso e, girandosi di scatto, vide che era arrivato Fabri.
«Sei qui! Vieni a darci una mano!» -era contenta di vedere il suo ragazzo.
«Che stai facendo?» -le chiese lui, seccato. Non aveva neanche salutato gli altri.
«Stiamo preparando la pasta, ci aiuti?» -si sentì a disagio per la scontrosità fuori luogo di Fabrizio.
«Non mi va di sporcarmi, prendo una birra.» -e gettò un’occhiataccia a lei e a Vincenzo. Calò un silenzio imbarazzato, poi qualcuno accese la musica per togliere tutti dall’impiccio di dover essere il primo a riprendere a parlare.
Flavia approfittò dei pochi attimi in cui Fabrizio si diresse verso il frigo e, tornato il vociare in cucina, le bisbigliò: «Deve finire. Questa cosa deve finire!» -era contrariata e la sua fronte arricciata era frutto della preoccupazione che la attanagliava da qualche mese ormai.
«Non ora.» -la fermò Sara. –NON IGNORARE!-
Fabrizio tornò lì vicino e si poggiò al muro. Era chiaramente d’intralcio. In quel poco spazio a disposizione non c’era posto per due, figurarsi per tre, di cui uno a sorvegliare con aria minacciosa. Lei fece un sospiro, esasperata da quella situazione. Vincenzo capì di essere la causa dello sguardo accusatorio e si defilò con la scusa di dover rispondere ad una telefonata, ovviamente inventata.
–NON ASSECONDARLO!-
Fecero tutti finta di non accorgersi dell’atteggiamento di Fabri, ma l’atmosfera era da campo minato. Il sorriso sul suo volto era diventato di plastica e i suoi occhioni erano tutt’altro che sereni.
Durante la cena chiacchierarono e risero. Tutti tranne Fabri, che restò in silenzio a fissare uno per uno i visi di ognuno. Incrociando il suo sguardo inquietante si sentivano raggelare e qualcuno aveva avuto la tentazione di abbandonare il proprio posto a tavola. Si erano chiesti la stessa cosa: «A cosa sta pensando?»
«E quindi hai l’esame di anatomia la prossima settimana?» -chiese Agnese a Clara.
«Non mi ci far pensare… Sono sfinita dallo studio e dall’ansia.»
«Però sembri tranquilla, andrà bene come tutti gli altri!» -la incoraggiò Vincenzo, che era suo collega di corso da qualche mese.
«Eh, ma questo è il più difficile in assoluto.» -replicò lei.
«Sei la solita, dici sempre così e poi prendi voti alti!» -iniziarono a prenderla in giro gli altri.
«Vediamo, infermiera: sapresti dirci dove si trova l’omero?» -la interrogò simpaticamente Flavia.
«Ma è una domanda facilissima! Fammene un’altra, semmai!»
«E allora dicci dove si trova…ad esempio… la carotide.»
«Non è quella che si trova nel collo?» -intervenne Luca.
«Si trova qua.» -disse Fabri, facendo segno sul punto esatto nel suo collo.
Era la prima frase che pronunciava dal suo arrivo e il suo intervento, con la sicurezza di un chirurgo burbero, fece rabbrividire tutti quanti.
Nessuno volle continuare a scherzare sull’esame di Clara.
«Sparecchiamo?» -Ci pensò Sara a rompere il silenzio. –NON DISTRARLI!-
Mentre riordinavano il caos in cucina, Agnese si avvicinò a Sara sul divano per riempirle il bicchiere:
«Ho letto il tuo ultimo articolo. Illuminante!»
«Ti è piaciuto davvero?» -arrossì, come suo solito.
«Adoro tutto ciò che scrivi! E qualche frase l’ho persino copiata sulla bacheca del soggiorno di casa mia. Ti stimiamo molto!»
«Io mi sono commossa quando hai raccontato la storia della ragazza fuggita dalla Siria. Sono rimasta a pensarci per una settimana intera.» -le confidò Clara.
Scriveva tanto e ci metteva sempre il cuore. Gli articoli cui si riferivano erano per un giornale locale, ma componeva anche poesie, racconti, saggi e stava iniziando a scrivere un romanzo, ma non l’aveva detto a nessuno. Da che ne avesse memoria, era sempre stata femminista. Il suo romanzo voleva raccogliere le storie che aveva ascoltato per strada durante l’esperienza del volontariato, per l’associazione in difesa delle donne vittime di violenza, e le sue idee sulla lotta per l’uguaglianza. Non era un’estremista, si definiva una combattente pacifica che sognava di ottenere non una vittoria sull’altra metà della società, ma la possibilità di una libertà che includesse veramente tutti. Il suo romanzo avrebbe rappresentato il suo attacco all’odio, alla sottomissione, ai retaggi patriarcali e maschilisti e alla violenza. Sicuramente un’ingenua a voler combattere una guerra armata solo di carta e penna. Ma ci credeva, credeva nel valore delle parole e degli ideali positivi, che sopravvivono alle persone e riescono a cambiare il mondo. Sognava che le cose sarebbero cambiate e il suo sogno era lo scopo della sua vita.
Era nata femminista, era diventata donna combattiva e sognatrice.
«Dobbiamo andare, domani devo alzarmi presto.» -le interruppe Fabrizio.
«Certo, vai. Ti mando un messaggio quando torno a casa.» -disse lei.
«No. Tu vieni con me.»
«Non preoccuparti –si intromise Flavia- la accompagniamo noi a casa.»
«Ho l’esame domani, l’hai dimenticato?»
«Certo che lo ricordo! Non serve che tu faccia così, va a riposare e ci sentiamo domani.» -si impose lei per far cessare quella scenata.
Lui trattenne le parole, ma i suoi pensieri sembravano comparirgli in volto. Borbottò un «Buonanotte» frettoloso e andò via.
Erano tutti sconcertati.
«Scusatelo, è nervoso per l’esame.» -NON GIUSTIFICARLO!-
Non era stata una semplice discussione tra due fidanzati, era chiaro a tutti. Qualcosa andava storto già da tempo, ma Sara era momentaneamente cieca.
Le si avvicinò Flavia, migliore amica di una vita e anima in pena alla vista di quegli atteggiamenti: «Adesso basta. Devi smetterla!»
«Di fare cosa?»
«Di lasciargli fare queste cose.»
«Ma a che ti riferisci? Lo sai com’è tra fidanzati, lo sei stata pure tu.»
«Sara, lo sappiamo entrambe che questa situazione non ha nulla di normale.»
«Di quale situazione stai parlando, Flavia? Stai esagerando. Non puoi vedere ovunque del marcio. Sei fissata!»
«Sei una cretina! –la prese per le braccia e la scosse forte, era terribilmente spaventata e arrabbiata- te ne accorgi sempre quando si tratta delle altre, perché non lo vedi in te, in voi, in lui?»
«Lo so, lo so che ti sembra uno di quelli. Di quei folli possessivi…» -LUI PURE!-
«Non sembra, lo è! Fabrizio è uno di loro.»
«Stai esagerando. Lo conosci da molto più tempo di me e sai che non ne sarebbe capace.»
«Lo conosco e so che è un tipo strano. Ma adesso è diverso, non è più semplicemente strano, è palese che… Sei tu che ti rifiuti di capire. E sai che è pericoloso.»
«Senti Flavia, io non sono una debole.»
«Ne sei sicura?»
«Gli ho parlato e gli ho detto che deve smetterla con questi modi bruschi.» -NON CONVINCERLO!-
«Evidentemente non ha funzionato.»
«È un periodo un po’ difficile, siamo impegnati con gli esami e con il lavoro e stiamo cercando di rimettere insieme i pezzi della nostra storia. Dopo averlo lasciato ha promesso di cambiare e gli devo concedere questa opportunità.» -NON RIPROVARCI!-
«Hai dimenticato perché l’hai lasciato? Ti ha quasi presa a schiaffi in strada per la gelosia. Per te questi atteggiamenti sono sempre stati inammissibili, cosa non ti fa vedere chiaro stavolta?»
«Lo amo. Non posso buttare all’aria tanti anni passati insieme.» -NON AMARLO!-
«Ti odio per queste parole. Ti prenderei a schiaffi per farti svegliare dall’ipnosi. Torna in te e guarda come Sara guarda sempre le situazioni come queste. Ti prego!»
Si abbracciarono, Flavia era avvilita.
Sara era pensierosa, ma sempre determinata a lottare per ciò che amava e a convincersi di essere una donna forte e invincibile.
Tornò a casa accompagnata da Vincenzo, Agnese, Luca e Flavia. «Buonanotte, a domani!»
Sentì aprire la porta con le chiavi. Guardò la sveglia, erano le dieci del mattino. Vide sbucare in stanza Fabri, come un tornado.
«Stai ancora dormendo?»
«Non ho lezione e non devo lavorare. Ho preferito recuperare un po’ di sonno.»
«Hai fatto tardi ieri sera?» -il tono non era curioso ma accusatorio.
«Non molto…» -stava ancora cercando di riprendersi dal brusco risveglio.
«Le tre del mattino non ti sembra “tardi”?»
«Ma tu come lo sai?»
«Te l’ho detto, vengo a sapere tutto quanto.» -si agitava per la stanza mentre parlava.
«Ma cosa c’è da sapere? Eravamo a casa di Clara, conosci i ragazzi, tra una chiacchierata e un’altra si è fatto tardi. Smettila!» -si alzò e andò verso la cucina.
Lui la seguì.
«È tornata la mia coinquilina?» -chiese lei.
«Non lo so.» -rispose lui.
«Ma ho sentito aprire la porta con le chiavi…»
«Ah già…no…ci siamo incontrati per le scale ed è tornata ad aprirmi la porta perché sapeva che stavi dormendo.»
«Ma è andata via ieri in mattinata, aveva degli impegni nella sua città. Che ci faceva questa mattina a casa?» -era molto dubbiosa.
«Sì, mi ha detto di essere passata al volo stamattina perché aveva dimenticato delle cose importanti…» -NON CREDERGLI!-
Sara si insospettì. Quell’ipotesi suonava decisamente anomala e percepiva della goffaggine nel tentativo di Fabri di trovare una spiegazione plausibile alla faccenda.
«Comunque –riprese lui- il vestito di ieri lo potevi evitare.»
«Ma stai veramente delirando?» -si infastidì.
«Era troppo corto, quel tizio ti guardava le gambe continuamente.» -era tornato ad essere nervoso.
«Ma tu piuttosto, non avevi l’esame questa mattina?»
«Non l’ho fatto.»
«Come?! Perché?»
«Per colpa tua! Mi hai fatto arrabbiare e non ero concentrato!» -la voce alterata dall’ira.
Rimase sbigottita qualche istante, poi lo guardò dritto negli occhi e gli disse, con la voce ferma e la postura rigida: «Ascolta, va via. Torna a casa e ci sentiamo più tardi. Hai veramente bisogno di riprenderti.» -e si diresse verso la porta, facendogli cenno di uscire. –ALLONTANALO!-
Lui non aprì bocca. Era stato agitato per tutto il tempo, ma si ammutolì improvvisamente, seguendo l’invito ad andar via.
Sara chiuse la porta e si sedette in cucina, i gomiti poggiati sul tavolo e la testa sorretta dalle mani. Ripensò alle parole di Flavia, l’aveva messa in guardia da tempo e invece non aveva voluto crederle. La sua mente mise in fila tutti gli episodi strani, assurdi e prepotenti di cui si era reso protagonista Fabrizio. Ricordò la scenata che l’aveva portata a prendere la decisione di allontanarlo, qualche mese prima. Si sentì sciocca ad essersi resa vulnerabile, non avrebbe mai permesso che una qualsiasi donna finisse intrappolata in una storia logorante come la sua. Eppure era finita lei in trappola e doveva trovare un modo per uscirne. –SALVATI!-
Tornò in camera a prendere il cellulare che ricordava di aver lasciato sul comodino, ma non lo trovò. Rovistò nel disordine della scrivania e i vestiti del giorno prima accatastati sulla sedia. Accese allora il pc, contattò Flavia in chat:
«Ehi Flà, non trovo il cellulare. Forse l’ho dimenticato da Clara ieri sera.»
«No no, hai usato la torcia del telefono per trovare le chiavi di casa dentro la borsa, ricordi?»
«Già, vero. Ma allora dove l’ho messo? Devo cercare meglio… Ad ogni modo, ho preso una decisione…»
«Su ciò di cui abbiamo discusso ieri?»
«Sì. Non posso continuare così. Sono stata un’idiota. Devo lasciarlo.»
«Sono felicissima, amica mia! È la fine di un incubo!» -SVEGLIATI!-
«Esatto. Stamattina è venuto qui a fare una scenata assurda. Ma ti racconto di persona… Caffè tra mezzora al bar qua sotto?»
«Vado a prepararmi!»
«A tra poco…»
«Sà, lo sai che ci sarò io al tuo fianco, vero? Supereremo tutto. A dopo…»
«Ti voglio bene.»
Si sentiva sollevata, finalmente aveva capito, si era resa conto di quanto quella storia l’avvelenasse. Aveva capito che bisognava svegliarsi dal sonno di un amore malato e illusorio. Era stata una battaglia difficile, ma standole accanto era riuscita a salvare Sara. Tirò un sospiro di sollievo e si preparò per l’appuntamento, non vedeva l’ora di sentirle pronunciare quel discorso che avrebbe segnato la fine di un brutto sogno e aveva una voglia matta di abbracciare la sua amica e di rivederla volare con la sua amata libertà in mano.
Perse tempo perché la doccia era occupata da sua sorella, appena tornata in stanza sentì il suono di un messaggio in chat:
«Non trovo le chiavi. Oggi mi sparisce tutto… Non posso uscire perché la mia coinquilina non c’è. Sali qui da me e lo preparo io il caffè!»
Flavia si preparò di corsa, era già passata la mezzora concordata e aveva anche dieci minuti di strada da fare a piedi, sarebbe arrivata in ritardo. Di solito non le importava di farla aspettare, ma quella volta sentiva dentro al petto la sensazione di ansia, quasi angoscia, e aveva fretta di vedere Sara.
«Pronto?»
«Clara?»
«Flavia, dimmi.»
«Sara…»
«Cosa “Sara”?»
«L’ha ammazzata.»
«Flavia, che cazzo stai dicendo?»
«Lui. L’ha ammazzata.»
«Santo cielo, Flavia! Che stai dicendo?! Dove sei?»
«A casa di Sara.»
«Ti raggiungo. Non ti muovere!»
«Era quasi libera. L’ha ammazzata.»
Quel giorno Clara ricevette la telefonata di Flavia che le annunciava il peggiore degli epiloghi per una guerra impari: Fabrizio era ricorso alla cieca violenza per vincere, mentre Sara si era presentata allo scontro finale armata soltanto di parole e buonsenso. Aveva lottato fino alla fine, ma non era bastato.
Clara trovò il portone aperto e un sentiero tracciato da gocce di sangue. Riuscì a raccogliere la forza necessaria per entrare nonostante si sentisse svenire al pensiero dell’orrore che si era consumato lì vicino. Trovò Flavia accasciata sugli scalini, con gli occhi sbarrati e l’espressione da spettro. Non piangeva, continuava a ripetere: «L’ha ammazzata. Lei aveva quasi vinto.»
Clara alzò lo sguardo e vide una chioma scura sbucare dalla porta dell’appartamento lasciata aperta da qualcuno che era scappato via di corsa. Era a faccia in giù in un lago di morte color rosso rubino.
Non riuscì ad andare oltre. Sconcertata, si lasciò cadere sul pianerottolo senza riuscire a respirare.
Quella mattina era stato lui ad aprire la porta di casa, aveva fatto una copia qualche giorno prima, di nascosto. Uscendo, si era portato il cellulare e le chiavi di Sara. Era rimasto rintanato per le scale, fingendo di uscire sbattendo il portone del palazzo. Aveva usato il telefono di Sara per leggere la conversazione in chat in cui svelava alla sua migliore amica l’intenzione di lasciarlo. Quei minuti di ritardo di Flavia erano stati preziosi per privare Sara del suo bene più prezioso: la libertà di vivere. L’aveva sgozzata con un colpo secco.
Alla carotide.
Conosceva il punto esatto in cui ferirla per sempre.
Sara era nata femminista, aveva vissuto da combattente, era morta donna.
Nei mesi successivi, Flavia trovò il manoscritto del romanzo incompleto, si occupò di terminare il suo lavoro e di continuare il suo sogno e la sua lotta: Sara era rinata simbolo per le battaglie di tutte le altre donne.
–VOLA! SEI SEMPRE STATA LIBERA!-

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  1. A.C. ha detto:

    Racconto drammatico che tocca le corde del cuore. Molto bello il finale. Brava.

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  2. lisbethpfaff ha detto:

    Quelle parole in maiuscolo incidono la pelle.

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  3. Cristina ha detto:

    Bellissimo, straziante. Brava!

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  4. Cristy66 ha detto:

    Il cambio repentino di atmosfera, dapprima spensierata e gioiosa, poi tesa, poi spaventosa, lacera l’anima. Molto brava.

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  5. Arturo ha detto:

    Quando si parla di donne, non si può fare almeno di pensare, aspettare e sperare in un finale positivo. Poi se a scrivere è una donna ancor più è forte il sentimento che,oltre a partire dal cervello parte dal cuore… Complimenti per bel racconto.

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  6. Emma Frichinais ha detto:

    Scrittrice promettente che tocca il punto più recondito del cuore!!!
    Affrontare argomenti così importanti ed attuali con questa leggerezza è un dono di pochi!!!

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  7. CarminellaPanDiStella ha detto:

    Bellissimo. Emozionante. Un racconto che tocca le corde del cuore.

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  8. Sa.Si. ha detto:

    Un racconto profondo, stimola pensieri e riflessioni che riguardano l’intero vissuto della nostra società. Eventi e situazioni che incontriamo nel quotidiano. Un inno alla completa libertà ed emancipazione della donna ma anche un monito a noi maschietti.

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  9. Gaetano ha detto:

    Un racconto che ti tocca il cuore! Bravissima!

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  10. Carminella PandiStella ha detto:

    Un racconto profondo, emozionante. Un racconto che ci fa capire come la nostra vita possa cambiare da un momento all’altro, che ci fa capire che le persone “malate di gelosia” non vanno allontanate domani o dopo Natale ma oggi, che non dobbiamo pensare “cambierà”. Bravissima

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  11. Salvatore ha detto:

    Spiazzante come l’autrice rappresenta la realtà attraverso il racconto, arricchito dai “comandamenti” che coinvolgono il lettore spingendolo ad urlarli esso stesso alla protagonista. Comandamento: “CONTINUA COSI’!”

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  12. Gianna ha detto:

    Bellissimo racconto!leggere ogni singola parola con la voglia di andare avanti e non fermarsi….storia scritta con il cuore! Veramente brava brava brava!

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  13. lapellenondimentica ha detto:

    Voti utili ai fini del concorso 12

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